2 - LA MONETA NEL PASSATO
Quando le cose da barattare non erano di interesse reciproco, chi si presentava con il metallo giallo riusciva sempre a concludere l’affare. Fin dall’antichità l’oro è stata l’unica merce di scambio accettata da tutti. A volte, però, spostare avanti e indietro tanto oro era faticoso e a rischio di rapina. Si andava allora al “banco” dell’orefice nella propria città (banca N°1), si depositavano delle monete d’oro e si riceveva in cambio una “nota di deposito”. Con quella si viaggiava agevolmente e arrivati a destinazione si prelevava dall’orefice locale (banca N°2) il proprio oro consegnando la “nota del banco”, ossia l’antenata della banconota. La banca N°2, poi, avendo clienti che facevano il viaggio inverso, riceveva oro in deposito ed emetteva proprie “note” che finivano nella banca N°1 dove si compensavano e venivano archiviate. Ma perché perdere tempo per fare “note” con nome e indirizzo, che ogni volta dovevano essere rifatte? Perché una super banca, delegata dal resto delle banche, non raccoglie tutto l’oro e non emette delle banconote anonime, cioè al portatore? Usando la cartamoneta come sostituta dell’oro, gli scambi si sono semplificati notevolmente conservando la convertibilità banconota–oro. In forza del fatto che il vocabolo moneta viene dal greco monytes “indicatore”, e che la “carta” rappresentava l’oro depositato a riserva nelle banche centrali, il termine moneta è stato esteso anche alle antiche banconote.
Gli orefici/banchieri si avvidero ben presto che mediamente solo il 10% dell’oro veniva movimentato, perché viaggiava quasi sempre la carta, così incominciarono ad accarezzare quel 90% che rimaneva depositato, come fosse di loro proprietà. “Non è nostro - pensavano - ma è nella nostra disponibilità. Ci sono persone che sarebbero disposte a pagare per poterlo usare”. Nacque l’idea di prestarlo.